FACCIAMO CHIAREZZA
24-08-2021 22:30 - Carla Corsetti
"Caro XXXX, lei sostiene di appartenere ad una comunità di milioni di persone che si definiscono cristiane e che condividono lo stesso modus vivendi. Per questo motivo non si può, a suo avviso, intendere la religione come mero fatto privato. Nella sua osservazione ravviso una totale assenza di riferimenti alle categorie giuridiche che qualificano ciò che deve essere considerato pubblico differenziandolo da ciò che deve essere considerato privato. E mi pare di intuire che lei abbia fatto confusione tra la possibilità di esercitare in pubblico i rituali religiosi, con la qualificazione di istituzione pubblica che sicuramente non può ricomprenderli. Per fare un esempio, una processione è un fatto privato che può essere esternato in pubblico mentre un consiglio comunale è un evento pubblico esercitato da persone che rivestono qualifiche pubbliche. Pur non conoscendo gli elementi di diritto pubblico, ne converrà che una processione e un consiglio comunale non possono avere la stessa valenza. Lei ha diritto a professare in pubblico tutti i rituali che non siano contrari alla legge, ma non potrà mai pretendere che questi rituali possano minimamente costituire elementi normativi per l’organizzazione dello Stato e come tali, riferibili obbligatoriamente a tutti i cittadini. Lei dichiara di non poter scindere la sua convinzione religiosa dalla politica in quanto il suo agire è determinato dai precetti religiosi ai quali lei fa riferimento. Lei sta affermando quindi, non so quanto consapevolmente, che la sua religione non le consente una visione diversa da quella teocratica nella quale il precetto religioso diventa legge. Le dirò che per quanto possa nutrire rispetto per la sua sfera religiosa privata, il mio rispetto è sospeso quando invece, attraverso una impostazione teocratica, lei vuole imporre i suoi precetti religiosi anche agli altri, perché in tal caso mi sento legittimata a combattere lei e le sue credenze, con tutti i mezzi a mia disposizione. Ho una formazione legata all’affermazione dei diritti umani e secondo questa visione, la teocrazia non è altro che un crimine contro l’umanità. Nei regimi teocratici si impone a tutti una religione con la forza e la violenza. Con Democrazia Atea, invece, auspichiamo una totale libertà di culto che comprende anche la libertà di non esercitarne nessuno. Quando lei afferma che la maggioranza degli italiani è cattolica e che per questo bisogna mantenere in vigore i Patti Lateranensi, ancora una volta confonde la Chiesa intesa come comunità di fedeli, dalla Chiesa intesa come Stato. I Patti Lateranensi sono un accordo internazionale tra Stati, attraverso il quale regaliamo ad uno Stato straniero 10 miliardi di euro ogni anno. E non uno Stato qualsiasi ma uno Stato il cui capo ha su di sé il potere esecutivo, quello giudiziario e quello legislativo, ovvero, nella terminologia corrente, un autentico dittatore. In quello Stato opera una banca qualificata come paradiso fiscale e al centro di inchieste sul riciclaggio internazionale; opera un servizio segreto responsabile di molte uccisioni e crimini; in quello Stato non sono rispettati i diritti umani e vige una misoginia che ha connotazioni psichiatriche. Senza trascurare che un portavoce di quello Stato, tale Lombardi che si fa chiamare padre pur non avendo, credo, alcun figlio, nel fornire le percentuali sul trastullo più in voga tra i suoi colleghi, ovvero lo stupro dei minori, non si è reso conto che ha detto che un prete ha 51 possibilità in più di un uomo non appartenente al clero, di essere uno stupratore seriale di minori. Dunque a suo dire noi dobbiamo continuare a mantenere questi soggetti solo perché la vostra religione è, per riferire una sua definizione, “originaria” mentre le altre religioni non potrebbero accedere ad alcuna forma di sovvenzionamento perché sono praticate da persone “ospiti”. Lei è cattolico e sicuramente parte da un presupposto che, per onore di sintesi, enuncio in una frase molto semplice: “il mio dio è migliore del tuo quindi io, che credo in lui, sono migliore di te”. Ebbene in questa frase, forse un po’ banale, è racchiusa, a mio avviso, il nucleo del razzismo religioso. Il mio personale ateismo mi induce a ritenere che tutte le religioni, distanti dal mio pensiero razionale, possano vivere e convivere, ma occorre creare i presupposti perché possano farlo senza che nessuno abbia in mente di prevaricare sul diritto alla libertà religiosa altrui, e meno che mai rivendicando un assurdo diritto a farsi pagare dallo Stato i propri rituali. Richiamo semplicemente l’articolo tre della nostra Costituzione il quale, che le piaccia o meno, ci ha insegnato che siamo tutti uguali. Questo non significa che io e lei siamo effettivamente uguali, al contrario significa che io, lei e tutti gli altri abitanti di questa Nazione, siamo differenti gli uni dagli altri, siamo tutti portatori di una unicità che ci contraddistingue dagli altri, e il principio di uguaglianza, nel valorizzare queste differenze, ci consente di avere accesso, tutti, agli stessi diritti, in regime di assoluta parità. La religione cattolica mal sopporta il principio di uguaglianza perché ha sempre creduto e preteso di essere “più uguale” delle altre. Democrazia Atea si prefigge, democraticamente, di far recuperare alla religione cattolica la dimensione che le spetta, ovvero quella di essere una religione come le altre, abolendo ingiustificati privilegi spesso ignorati dal singolo credente, ma che non sfuggono di certo alla nostra azione politica."