FURTO DI DEMOCRAZIA
18-01-2025 17:51 - Redazione DA
Il Parlamento procede spedito verso l’approvazione della riforma della Magistratura, una riforma fortemente voluta da Licio Gelli, il mandante della strage di Bologna, e da Silvio Berlusconi, il pregiudicato di Arcore che tanta fortuna ha avuto con le frequentazioni mafiose, e non solo.
Questi due soggetti sono morti ma hanno lasciato ai loro “eredi” l’impegno di demolire l’impianto democratico antifascista, che hanno osteggiato nel corso di tutta la loro vita.
Forse una differenza tra Gelli e Berlusconi si coglie nella constatazione che la finalità antidemocratica e fascista di Gelli era più diretta e inequivocabile, mentre la finalità di Berlusconi ruotava maggiormente attorno alla sua personale necessità di tirarsi fuori dai guai giudiziari e dai debiti.
La Costituzione italiana prevede che i magistrati requirenti e quelli giudicanti facciano parte di un unico ordine e che abbiano un unico governo di autocontrollo, il Consiglio Superiore della Magistratura.
La riforma prevede che ci siano due ordini distinti e due Consigli Superiori, uno per la magistratura giudicante e una per la magistratura requirente.
Lo scopo è quello di isolare i pubblici ministeri mortificandone l’autonomia e l’indipendenza, tanto più che nel progetto complessivo è prevista l’eliminazione della obbligatorietà dell’azione penale, un principio democratico che garantisce l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, e che affida al Parlamento, e quindi al Governo, l’indicazione dei reati da perseguire con priorità.
Le maggioranze politiche avrebbero il potere di modellare la direzione dell’azione penale e, conseguentemente, avrebbero il potere di controllare in che modo i pubblici ministeri attuerebbero le indicazioni ricevute dal Parlamento, e di fatto le maggioranze controllerebbe i pubblici ministeri.
Il principio di uguaglianza dei cittadini, contro ogni ragionevolezza, sarebbe abrogato.
La spinta neofascista motiva la riforma con la inesistente preoccupazione che il giudice possa avere maggiore propensione ad accogliere le tesi accusatorie del pubblico ministero, facendo parte dello stesso ordine, piuttosto che quelle difensive, con minor garanzia per l’imputato.
Ovviamente i neofascisti non comprendono che sia il PM che il giudice perseguono un interesse pubblico mentre il difensore un interesse privato.
Ogni motivazione apparente in realtà riconduce ad una motivazione più autentica e non spendibile.
I “riformatori” vaneggiano sull'obiettivo, falsamente dichiarato, di voler neutralizzare l'uso politico della giustizia, ma a ben vedere stanno mettendo in piedi una riforma che istituzionalizzerà l'uso politico delle inchieste.
Alla destra interessa bloccare le inchieste che riguardano proprio i loro esponenti, e sono bravissimi a far credere che sono vittime di un sistema iniquo.
Porre sotto il controllo dell’esecutivo la magistratura requirente significa aumentare il privilegio per i gruppi di potere a scapito della delinquenzialità minore, significa salvare imprenditori malavitosi e banchieri truffatori e dirottare le procure contro i ladri di polli, significa prepararsi all’esercizio del potere nella assoluta impunità perché si avrà l’arma di porre un veto ai pubblici ministeri che volessero disvelare le illegalità di chi governa.
La nostra Costituzione non preclude che le funzioni requirente e giudicante, pur accessibili attraverso un concorso unico, possano procedere separatamente e la separazione delle funzioni è già di fatto una realtà, non necessita di una riforma che crei due magistrature separate, una indipendente e una a servizio del potere politico.
L’indipendenza della magistratura è un pilastro di democrazia e, nel nostro ordinamento, può essere garantita solo con il mantenimento di un unico ordine di riferimento per entrambi i ruoli, che non impedirebbero, ad esempio, la separazione delle funzioni anche in via permanente, se fosse davvero questa la finalità.
Una maggioranza di politici che ha adottato una serie di norme repressive, che ha limitato la libertà di stampa, che adotta un provvedimento dopo l’altro per rafforzare le classi dominanti e per indebolire le classi più svantaggiate, è una maggioranza autoconvinta che il voto, di per sé, la ponga anche al di sopra di tutto.
Con la separazione delle carriere dei magistrati vogliono porsi anche al di sopra della legge penale.
Porre i pubblici ministeri sotto il tallone dell’esecutivo è una norma fascista e la nostra democrazia si sta sbriciolando sotto il peso di un totalitarismo che si sta riproponendo con lo stesso marciume di 100 anni fa.
Deve essere fermato e potremmo farlo quando ci sarà il referendum oppositivo con il quale dovremmo rispedire al mittente questo obbrobrio.
Carla Corsetti
Segretaria di Democrazia Atea
Questi due soggetti sono morti ma hanno lasciato ai loro “eredi” l’impegno di demolire l’impianto democratico antifascista, che hanno osteggiato nel corso di tutta la loro vita.
Forse una differenza tra Gelli e Berlusconi si coglie nella constatazione che la finalità antidemocratica e fascista di Gelli era più diretta e inequivocabile, mentre la finalità di Berlusconi ruotava maggiormente attorno alla sua personale necessità di tirarsi fuori dai guai giudiziari e dai debiti.
La Costituzione italiana prevede che i magistrati requirenti e quelli giudicanti facciano parte di un unico ordine e che abbiano un unico governo di autocontrollo, il Consiglio Superiore della Magistratura.
La riforma prevede che ci siano due ordini distinti e due Consigli Superiori, uno per la magistratura giudicante e una per la magistratura requirente.
Lo scopo è quello di isolare i pubblici ministeri mortificandone l’autonomia e l’indipendenza, tanto più che nel progetto complessivo è prevista l’eliminazione della obbligatorietà dell’azione penale, un principio democratico che garantisce l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, e che affida al Parlamento, e quindi al Governo, l’indicazione dei reati da perseguire con priorità.
Le maggioranze politiche avrebbero il potere di modellare la direzione dell’azione penale e, conseguentemente, avrebbero il potere di controllare in che modo i pubblici ministeri attuerebbero le indicazioni ricevute dal Parlamento, e di fatto le maggioranze controllerebbe i pubblici ministeri.
Il principio di uguaglianza dei cittadini, contro ogni ragionevolezza, sarebbe abrogato.
La spinta neofascista motiva la riforma con la inesistente preoccupazione che il giudice possa avere maggiore propensione ad accogliere le tesi accusatorie del pubblico ministero, facendo parte dello stesso ordine, piuttosto che quelle difensive, con minor garanzia per l’imputato.
Ovviamente i neofascisti non comprendono che sia il PM che il giudice perseguono un interesse pubblico mentre il difensore un interesse privato.
Ogni motivazione apparente in realtà riconduce ad una motivazione più autentica e non spendibile.
I “riformatori” vaneggiano sull'obiettivo, falsamente dichiarato, di voler neutralizzare l'uso politico della giustizia, ma a ben vedere stanno mettendo in piedi una riforma che istituzionalizzerà l'uso politico delle inchieste.
Alla destra interessa bloccare le inchieste che riguardano proprio i loro esponenti, e sono bravissimi a far credere che sono vittime di un sistema iniquo.
Porre sotto il controllo dell’esecutivo la magistratura requirente significa aumentare il privilegio per i gruppi di potere a scapito della delinquenzialità minore, significa salvare imprenditori malavitosi e banchieri truffatori e dirottare le procure contro i ladri di polli, significa prepararsi all’esercizio del potere nella assoluta impunità perché si avrà l’arma di porre un veto ai pubblici ministeri che volessero disvelare le illegalità di chi governa.
La nostra Costituzione non preclude che le funzioni requirente e giudicante, pur accessibili attraverso un concorso unico, possano procedere separatamente e la separazione delle funzioni è già di fatto una realtà, non necessita di una riforma che crei due magistrature separate, una indipendente e una a servizio del potere politico.
L’indipendenza della magistratura è un pilastro di democrazia e, nel nostro ordinamento, può essere garantita solo con il mantenimento di un unico ordine di riferimento per entrambi i ruoli, che non impedirebbero, ad esempio, la separazione delle funzioni anche in via permanente, se fosse davvero questa la finalità.
Una maggioranza di politici che ha adottato una serie di norme repressive, che ha limitato la libertà di stampa, che adotta un provvedimento dopo l’altro per rafforzare le classi dominanti e per indebolire le classi più svantaggiate, è una maggioranza autoconvinta che il voto, di per sé, la ponga anche al di sopra di tutto.
Con la separazione delle carriere dei magistrati vogliono porsi anche al di sopra della legge penale.
Porre i pubblici ministeri sotto il tallone dell’esecutivo è una norma fascista e la nostra democrazia si sta sbriciolando sotto il peso di un totalitarismo che si sta riproponendo con lo stesso marciume di 100 anni fa.
Deve essere fermato e potremmo farlo quando ci sarà il referendum oppositivo con il quale dovremmo rispedire al mittente questo obbrobrio.
Carla Corsetti
Segretaria di Democrazia Atea