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LA VIOLENZA E IL COVID

27-10-2020 08:03 - Segreteria DA
25 miliardi di spese militari all'anno sono la spiegazione del perché in questi mesi non è stato potenziato il trasporto pubblico, non sono stati assunti insegnanti, non sono state garantite le connessioni internet per tutti gli studenti ma, soprattutto, non è stato potenziato il servizio sanitario pubblico.
C'è un'altra voce di bilancio che grava sulla catastrofe economica che si sta abbattendo sull'Italia, e sono i circa 10 miliardi l'anno che, tra esenzioni ed elargizioni dirette, lo Stato italiano cede allegramente alla casta di mantenuti al seguito di Bergoglio.
Potremmo disporre di 35 miliardi, ma i partiti in Parlamento (PD-Lega-M5S-FdI-Leu) non hanno alcuna intenzione di ridurre le spese militari o di smarcarsi dalla casta dei mantenuti clericali, e con loro ci sono i vari Presidenti di Regione in perenne campagna elettorale, che con il covid hanno costruito una popolarità senza precedenti.
Si sapeva che a ottobre ci sarebbe stata una seconda ondata la cui gravità non è solo un dato epidemiologico, ma è anche economico e sociale.
La popolazione è complessivamente più povera e le nuove restrizioni, adottate per tentare di fermare la catena del contagio, sono intempestive.
Il Presidente del Consiglio ha bloccato tutto ciò che non genera profitto, ma semplicemente reddito.
Palestre, piscine, teatri, cinema, sono queste le attività ritenute sacrificabili, e con esse tutte le persone che attorno a queste attività ricavano il proprio reddito.
Non sono state chiuse le industrie, nemmeno quelle le cui produzioni non sono necessarie, ovvero quelle da cui si ricava profitto, al quale si potrebbe rinunciare.
Un'altra industria non è stata sfiorata, ovvero l'industria clericale, senza che nessuno possa nemmeno controllare la distanza interpersonale, né la sanificazione durante le manifestazioni religiose.
Le limitazioni imposte dal PD e dal M5S sono classiste, colpiranno chi è già in difficoltà, e consegneranno il Paese alla destra dichiaratamente fascista che in queste ore gongola perché le proteste di queste ore sono concime per il consenso verso le loro formazioni.
La fotografia più realistica l'ha fatta il Presidente della Regione Campania De Luca il quale ha detto, candidamente, come se fosse una conseguenza inevitabile, che ognuno deve essere medico di se stesso, con un capolavoro comunicativo con il quale si è autoassolto dalla irresponsabile gestione della pandemia.
La gravità di simile affermazione sta nel fatto che, ad onta di una campagna elettorale durante la quale ha usato il covid per presentarsi paternalisticamente come il salvatore di tutti i campani, oggi fa i conti con la assoluta incapacità di gestire la seconda ondata, sia in termini sanitari, sia economici.
De Luca non può più vendersi lo show durante il quale minacciava di mandare i carabinieri con il lanciafiamme alle feste di compleanno perché, dopo le ultime restrizioni, Napoli è esplosa.
Era stata indetta una manifestazione pacifica da tutte quelle categorie di lavoratori colpiti dalle nuove misure restrittive la cui sopravvivenza è in pericolo, ma la manifestazione si è trasformata in guerriglia urbana.
Napoli si è trasformata in teatro di scontri.
La violenza, comunque agita, è sempre fascista perché prevaricatrice, e le legittime rivendicazioni della piazza, se connotate di violenza, prestano il fianco ad una spiccia criminalizzazione.
Dare fuoco ai ciclomotori parcheggiati per strada, dare fuoco ai cassonetti, rompere le vetrine dei negozi, non ha molto senso rivoluzionario e, al di fuori di una qualsivoglia cornice politica, non possono essere qualificati come moti insurrezionali.
Lo ha capito bene Forza Nuova che ha già deciso di intestarsi la violenza agita a Napoli perché la riconosce come cifra identitaria della propria formazione.
Che poi fossero o non fossero realmente presenti esponenti di Forza Nuova a Napoli, diventa un dettaglio secondario, resta la rivendicazione politica di chi, in quella violenza si riconosce.
Stando alle dichiarazioni del presidente della Commissione Antimafia, in piazza c'erano anche uomini dei clan della Pignasecca, del Pallonetto e dei Quartieri Spagnoli, una microcriminalità non sufficientemente organizzata per arrivare ad accaparrarsi i soldi che arriveranno con il Recovery Fund, e che sulla ristorazione serale, e non solamente, governano molta parte della economia napoletana, e dunque avevano un interesse diretto a gestire la manifestazione in direzione convergente alle proprie prospettive.
Manifestazioni di protesta in queste ore si stanno svolgendo anche in altre città, da Milano a Palermo.
I “rivoluzionari” di Torino hanno distrutto le vetrine del centro, e le legittime e condivisibili ragioni della protesta, che mette a dura prova la resistenza di tutti di fronte al tracollo dell'economia nazionale, si è banalmente arenata tra le griffe saccheggiate durante gli scontri.
La rivolta sociale era talmente prevedibile che il 22 ottobre Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa per il 27 ottobre.
All'ordine del giorno anche la gestione dell'emergenza sanitaria.
Un po' di esercito per le strade delle città, un po' di assegni da reddito di emergenza, e sui moti rivoluzionari nell'era del covid calerà il sipario; li dimenticheremo, perché ogni evento, in Italia, non dura più di una settimana.
Se invece in ogni città si riempiranno le piazze con civiltà e con determinazione, nella scansione di chiari obiettivi articolati con forme pacifiche di rivendicazione, solamente allora nelle stanze del potere si avvertirà un terremoto sotto le poltrone.
Invece il ricordo della violenza ci terrà occupati per qualche giorno in più, per condannarla, perché la violenza è il solito strumento maschilista di soluzione dei conflitti, sia che arrivi dalle istituzioni, sia che arrivi dal popolo.
Democrazia Atea ripudia qualunque forma di violenza, individuale o collettiva, istituzionale o popolare, e le uniche rivoluzioni che persegue, sono quelle culturali.
La Segreteria nazionale di Democrazia Atea
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