Resta per tutti, credenti e non credenti, il dovere morale, in qualità di esseri pensanti, di contrastare la gestione del sacro che usa il bisogno per costruire il potere. Ed è un potere che si dipinge contornandosi delle scenografie scintillanti della potenza, che paralizza il pensiero a lungo termine, lo blocca nel presente, un presente rassicurante di chi non indaga, non chiede, non critica, non dubita. È il potere che celebra la più incondizionata sottomissione. Chi non lo contrasta, pur riconoscendolo nella sua devianza, ma lo compiace nella spettacolarizzazione del dialogo, è maggiormente responsabile, se non complice.