LETTERA ALLA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

28-02-2025 22:26 -

Alla Presidente del Consiglio dei Ministri
presidente@pec.governo.it
On.le Presidente del Consiglio,
la stampa riferisce di una email istituzionale della Presidenza del Consiglio inviata a tutti i dipendenti, che conteneva una immagine della mitologia cristiana e una esortazione di dubbia finalità istituzionale: “Condividete la parola di Dio sul lavoro”
Credo sia perfettamente inutile ricordarLe che la nostra è una Costituzione che si fonda sul Principio di Laicità, anche perché temo che l’essenza di questo Principio Supremo sia estraneo alla compagine governativa e parlamentare cui Ella fa riferimento.
Potrei citarLe sentenze della Corte Costituzionale, sentenze della Corte di Cassazione, sentenze della CEDU, Direttive dell’Unione Europea, ma temo che sarebbe inutile, la debolezza che investe il Suo mandato governativo Vi spinge inesorabilmente verso la sponda teocratica che, a differenza della fragilità delle Vostre prospettive transitorie, mostra pur sempre un radicamento millenario fondato sulla credenza da cui cercate di mutuare le strutture del potere.
Si dà il caso, tuttavia, che la credenza, al di fuori degli spazi del culto, diventa credulità.
L’Ufficio della Presidenza del Consiglio, con la email testé citata, ha violato, tra le altre disposizioni, l’art.9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, posto che indicare ai dipendenti di seguire una specifica religione, costituisce violazione della libertà di religione.
La libertà di manifestare le proprie convinzioni religiose, per principio consolidato della CEDU, comporta anche un aspetto negativo, cioè il diritto per l'individuo non di essere obbligato a manifestare la propria confessione o le proprie convinzioni religiose e non di essere obbligato ad agire di modo che si possa trarre come conclusione che ha - o non ha - tali convinzioni.
Ci sarebbe da sperare che qualcuno di quei dipendenti e di quelle dipendenti, cui è stata inviata la email in questione, alzi la testa e riaffermi il suo diritto a non essere costretta/o a dichiarare la propria condizione personale del pensiero.
Se ciò dovesse accadere potremmo concludere che gli spazi di libertà di pensiero nell’Istituzione che la vede come Presidente, siano effettivamente tutelati.
Sostenere, di contro, che quella email sia stata unanimemente accolta con accondiscendenza, confermerebbe piuttosto che la compiacenza opportunistica è ormai, in effetti, supino servilismo.
La logica dello Stato di diritto esige che tutta l’attività amministrativa sia limitata da norme giuridiche rispetto alle quali essa deve essere misurabile; esige inoltre che ogni soggetto privato (tanto più se dipendente) possa orientare il suo comportamento a regole predeterminate e quindi possa prevedere le conseguenze delle proprie azioni.
L’attività amministrativa deve rispondere al principio democratico secondo il quale gli interventi che interferiscono con i diritti e con le libertà fondamentali, poggino su norme provviste di legittimazione democratica, vale a dire riconducibili a decisioni di organi rappresentativi.
La email che richiama il personale dipendente a seguire una determinata religione, a quanto è dato sapere, non è scaturita da decisioni di organi rappresentativi.
È suo preciso dovere, istituzionale e politico, approfondire la questione, e se del caso adottare provvedimenti riparativi.
Il superamento della linea di demarcazione tra una democrazia e una teocrazia non si consuma con le scenografie scintillanti delle cattedrali e degli altari, ma banalmente anche con una email.
Ad maiora.

Carla Corsetti
Segretaria nazionale di Democrazia Atea