Il triangolo
22-08-2019 11:52 - Carla Corsetti
Definire penoso il discorso di Salvini significa dargli comunque una dignità dialettica che invece non ha avuto.
E’ stato il piagnisteo di un bulletto che innumerevoli volte ha invocato “il popolo italiano”, in una inconcludenza politicamente catastrofica e elettoralmente in linea con questi 14 mesi di governo pentafascioleghista.
Agli atti parlamentari della Repubblica italiana resterà il frignare di un incapace che voleva bucare il pallone e invece è stato messo a bordo del campo.
Quando se ne è reso conto, ha fatto marcia indietro ed ha finanche penosamente negato, dicendo che non era vero e che lui avrebbe restituito ben volentieri il pallone, ma ormai gli altri ne avevano già comprato un altro.
Ha trasformato la discussione parlamentare in una gazzarra di bassissimo profilo e dopo aver trascinato l’Italia in un impegno economico che non avrebbe potuto assolvere, è scappato vigliaccamente senza assumersi la responsabilità di una manovra finanziaria conseguente alle sue scelte, ma questa non era l’unica motivazione che lo ha determinato ad aprire la crisi di Governo.
La mimica facciale di Salvini era chiarificatrice del suo reale timore di andare a fare compagnia a Formigoni, tanto che la parola “paura” è stata quella che ha ripetuto di più, tentando maldestramente di far credere che non ne avesse mentre il viso tradiva che ne trasudava.
Ovviamente tutto questo non ha ancora minato il consenso, ma sappiamo che gli italiani sono allenati alla sottomissione perché la praticano da duemila anni.
Tralasciamo la ridicolaggine di chi si ribella a questa esegesi interpretativa del cattolicesimo perché “la mia Chiesa è differente”, e del resto se la Chiesa non fosse sempre stata “tutto e il contrario di tutto” non avrebbe potuto sopravvivere per due millenni.
Lo sa bene il legaiolo, al punto che quella stessa sottomissione religiosa l’ha sbandierata a più riprese citando santi e madonne come se stesse facendo un comizio a Gallarate.
Si dice che lo sbadiglio sia contagioso e se taluno sbadiglia, chi gli è di fronte, lo segue.
Accade anche con il vomito e con il frasario religioso.
Sulla deriva dialettica innestata dal legaiolo, si è incanalato anche il suo finto antagonista, il bullo di Rignano che, per non essere da meno, ha citato il vangelo invece della Costituzione.
A mettere il vangelo sullo stesso piano della Costituzione, legaioli e piddini non sono i soli.
Il Manifesto, giornale ormai in quota alla CEI, ha recentemente pubblicato un editoriale di tale Alex Zanotelli, un prete che finge di porsi in opposizione alla struttura di potere della quale fa parte, il quale ha parlato di vangelo e di Costituzione come se fossero sullo stesso piano.
Dunque le masse sono indotte da più fronti a pensare che il Patto Fondativo della Nazione sia intercambiabile con un libro che, con oggettiva razionalità, è semplicemente una narrazione mitologica e favolistica, e i parlamentari, sempre più avulsi dalla dignità conseguente al mandato ricevuto, scambiano gli scranni parlamentari con i pulpiti delle chiese.
La citazione di testi religiosi nei discorsi parlamentari ratifica la assoluta incapacità di questi figuri di avere una prospettiva oltre l’interesse personale.
Pensare che la democrazia possa essere un processo compiuto, è un errore di metodo.
La democrazia è sempre incompiuta, per sua natura, ed è una condizione in perenne tensione tra oligarchia e tirannia.
La rigidità della Costituzione finora ha consentito di riportare la barra del timone dritta, e perché questa garanzia permanga, occorre non indebolirla e non modificarla.
Purtroppo le tre forze parlamentari, M5S-LEGA-PD, hanno tutte e tre il germe della deriva antidemocratica, e con geometrie variabili, si stanno semplicemente alternando per portare a termine un piano di torsione autoritaria che li accomuna, tutti e tre.
Sono lati dello stesso triangolo e recitano a fasi alterne, il ruolo dei cateti, delimitando tutti e tre la stessa area, quella della destra pericolosa.