05 Febbraio 2025
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DONALD TRUMP

25-01-2025 18:09 - Carla Corsetti
Donald Trump è il 47esimo Presidente degli Stati Uniti d’America e alla cerimonia di insediamento ha dato la misura della morte della democrazia statunitense.
Valutato dal punto di vista formale, sembrava il discorso di un rappresentante di pesticidi alla convention annuale a Las Vegas, con un frasario da illetterato e lo spessore politico di un criceto.
Dal punto di vista sostanziale è stata una dichiarazione di guerra alla correttezza istituzionale, al rispetto dei diritti umani, alla solidità delle relazioni internazionali, in un vaneggiamento sovranista e autocratico.
L’esegesi di quel discorso è esercizio penoso ma necessario per comprendere il prossimo futuro non solo degli USA ma anche dell’Europa.
“… non ci lasceremo più sfruttare da nessuno” è una frase priva di senso, storico e logico, se pronunciata dal Presidente di una nazione imperialista che nei suoi circa 250 anni di storia ha lanciato o comunque preso parte a 218 conflitti per depredare risorse e controllare economia e territori di altri popoli.
“… La bilancia della giustizia sarà riequilibrata” e detto da chi è stato condannato per violenza sessuale fa prefigurare che con la sua elezione ha raggiunto una agognata prospettiva di impunità.
“…gli incendi stanno colpendo persino alcuni degli individui più ricchi e potenti del nostro paese” perché le disgrazie, nell’immaginario dei personaggi come Trump, devono colpire soltanto persone miserabili e già in fragilità sociale, e se ciò non accade, vuol dire che le responsabilità sono ancora più gravi.
Dopo aver preannunciato che interverrà sul sistema sanitario e su quello scolastico, ha dichiarato che il 20 gennaio 2025 dovrà essere ricordato come il giorno della Liberazione e non è difficile capire da cosa si libereranno.
Trump ha parlato di “buon senso” e detto da uno stupratore, suona funesto.
Le democrazie sono sistemi complessi dove ogni potere deve trovare la sua legittimazione attraverso un altro potere che ne limita le funzioni, attraverso un sistema di garanzie e di equilibri, attraverso organi di garanzia, in sintesi la democrazia è un sistema che per funzionare ha bisogno di pesi e contrappesi.
In questa sua affermazione Trump segna l’inizio di una nuova epoca, in cui il potere sarà esercitato nella neutralizzazione del bilanciamento tra pesi e contrappesi e nella prevalenza del “buon senso” ovvero del suo personale intuito, della sua personale visione delle cose, della sua personale gestione del potere, allergico al dissenso, anch’esso pilastro della democrazia.
Non accetterà di avere sugli USA un potere dittatoriale inferiore a quello che ha Putin sulla Russia, anche se Trump sembra di gran lunga meno intelligente e meno lucido del suo antagonista.
Anche Putin circa venti anni fa ha consentito agli oligarchi, uomini d’affari plurimiliardari, di convergere su di lui, ma poi per alcuni di loro le sorti sono cambiate e mentre qualcuno è stato arrestato con accuse facili di frode fiscale, altri sono precipitati misteriosamente da stanze d’albergo, oppure sono morti con malori improvvisi, ovvero sono stati trovati penzoloni ad una corda.
È difficile dire che fine faranno gli “oligarchi” statunitensi, i plurimiliardari alla corte del nuovo dittatore, ma la storia, che si ripete con identici cliché per il potere, si ripete anche per chi lo sostiene, e dunque non avranno esattamente ciò che pianificano di avere, e certi sodalizi, malati alla radice, prima o poi diventeranno cancrena.
Quando Trump ha annunciato di voler eliminare la censura e di voler ripristinare la libertà di parola, ha usato un artificio semantico perché ciò che vuole realmente ripristinare è la libertà di denigrare e discriminare le categorie di persone a lui non gradite, ovvero non binarie: “Da oggi in poi, la politica ufficiale del governo degli Stati Uniti sarà che ci siano solo due generi, maschile e femminile”
Ha detto di voler porre fine alla guerra e qui la chiave interpretativa si fa più complessa, perché ha già scoperto le sue carte dichiarando di voler adottare la politica del disimpegno militare, ma nelle strategie militari e geopolitiche Putin è decisamente più capace di tutti i consiglieri di Trump messi assieme.
Ha rivendicato che gli USA sono una nazione coperta dalla gloria di Dio, anche se non ha precisato di quale Dio si tratti, considerando che nel pianeta se ne sono stati inventati qualche centinaio, ma sicuramente faceva riferimento al Dio della sua personale credenza, e forse intendeva il Dio Denaro.
In sintesi gli USA hanno inaugurato un corso storico che noi in Italia abbiamo già avuto 100 anni fa.
Si possono citare in via esemplificativa dei parallelismi: la marcia su Roma (assalto a Capitol Hill), le deportazioni degli ebrei (deportazioni dei migranti), le politiche sulla maternità intesa come coercizione riproduttiva (le politiche contro la libera scelta di abortire), inasprimento delle tariffe doganali (le politiche dei dazi), espansione imperialista verso l’Etiopia (dichiarazione di espansione verso la Groenlandia).
Non è un caso che abbia invitato alla sua festa soltanto Meloni, l’erede politica del criminale Mussolini, di cui ricordiamo volentieri l’epilogo a Piazzale Loreto.
Ha promesso di mettere la bandiera degli USA su Marte e noi glielo auguriamo, e gli auguriamo anche di mettercela personalmente al più presto, e di rimanere a sorvegliarla per proteggerla dai marziani per il resto dei suoi giorni.

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