UN RITUALE ILLUSORIO
06-08-2023 14:13 - Segreteria DA
E' stato promosso dalla CGIL insieme ad oltre 100 associazioni, l’appello ad una manifestazione nazionale indetta per il 7 ottobre 2023 a Roma a cui hanno dato il nome: LA VIA MAESTRA.
Il Manifesto dell’appello è pienamente condivisibile, in ogni singola riflessione.
Come lo era il Manifesto della stessa manifestazione indetta nel 2013, quando anche Democrazia Atea aderì convintamente per chiedere di attuare la Costituzione.
La Manifestazione LA VIA MAESTRA fu ripetuta anche nel 2019, come un infingardo rituale illusorio, perché lascia intendere una prospettiva di contestazione, che però rimane tale dal momento che non seguono mai azioni coerenti, ma solo asservimenti di singoli e di organizzazioni, che hanno imparato a placare le proprie contraddizioni con cori di piazza condivisi.
Nel Manifesto del 2023 si evidenzia come la Manifestazione debba essere intesa come un "percorso di confronto".
Nella reiterazione delle stesse parole, a distanza di un decennio, sorge spontaneo chiedersi cosa possano ancora significare, e soprattutto cosa dovrebbero fare le associazioni aderenti che si “confrontano”.
Disponiamo di un dato certo, ovvero che la Cgil è complice del degrado contrattuale che critica, perché non ha opposto alcuna resistenza nella contrattazione degli stipendi, ha formalmente negato la lotta di classe attraverso lo sciopero e l’ha barattata con l’alleanza delle classi; quindi, non è chiaro affatto cosa stia proponendo in alternativa.
Dopo 10 anni durante i quali ha ampiamente contribuito al degrado delle condizioni del lavoro e di vita, nella complicità servizievole con i Governi che l’hanno pianificata, la CGIL propone, quale strumento per affermare e attuare i diritti costituzionali, il rituale dello sbandieramento di piazza autoreferenziale che soddisfa il protagonismo individuale e collettivo.
Non sono credibili, non sono affidabili, e soprattutto non offrono chiarezza alcuna sui metodi per materializzare il fine.
Democrazia Atea non aderirà perché non intende ritualizzare la richiesta di attuare la Via Maestra della Costituzione, posto che ogni ritualizzazione ha come fine indicibile quello della neutralizzazione.
Il Manifesto dell’appello è pienamente condivisibile, in ogni singola riflessione.
Come lo era il Manifesto della stessa manifestazione indetta nel 2013, quando anche Democrazia Atea aderì convintamente per chiedere di attuare la Costituzione.
La Manifestazione LA VIA MAESTRA fu ripetuta anche nel 2019, come un infingardo rituale illusorio, perché lascia intendere una prospettiva di contestazione, che però rimane tale dal momento che non seguono mai azioni coerenti, ma solo asservimenti di singoli e di organizzazioni, che hanno imparato a placare le proprie contraddizioni con cori di piazza condivisi.
Nel Manifesto del 2023 si evidenzia come la Manifestazione debba essere intesa come un "percorso di confronto".
Nella reiterazione delle stesse parole, a distanza di un decennio, sorge spontaneo chiedersi cosa possano ancora significare, e soprattutto cosa dovrebbero fare le associazioni aderenti che si “confrontano”.
Disponiamo di un dato certo, ovvero che la Cgil è complice del degrado contrattuale che critica, perché non ha opposto alcuna resistenza nella contrattazione degli stipendi, ha formalmente negato la lotta di classe attraverso lo sciopero e l’ha barattata con l’alleanza delle classi; quindi, non è chiaro affatto cosa stia proponendo in alternativa.
Dopo 10 anni durante i quali ha ampiamente contribuito al degrado delle condizioni del lavoro e di vita, nella complicità servizievole con i Governi che l’hanno pianificata, la CGIL propone, quale strumento per affermare e attuare i diritti costituzionali, il rituale dello sbandieramento di piazza autoreferenziale che soddisfa il protagonismo individuale e collettivo.
Non sono credibili, non sono affidabili, e soprattutto non offrono chiarezza alcuna sui metodi per materializzare il fine.
Democrazia Atea non aderirà perché non intende ritualizzare la richiesta di attuare la Via Maestra della Costituzione, posto che ogni ritualizzazione ha come fine indicibile quello della neutralizzazione.