VIA FILANGERI 2
29-11-2020 17:58 - Carla Corsetti
In Italia si contano oltre 55 mila morti di cui il 40% in Lombardia.
Sul perché la Lombardia abbia avuto questo tragico primato è presto detto.
Lasciamo agli esperti le valutazioni sulla incidenza dell’inquinamento ambientale, ma rivendichiamo alla politica il compito di disvelare quanto le condizioni di lavoro abbiano inciso sul contagio, e quanto l’organizzazione della sanità abbia invece inciso sugli esiti letali.
Confindustria, e tutto l’apparato padronale, ha lucidamente deciso che un certo numero di morti doveva essere sacrificato pur di non interrompere le catene produttive, comprese quelle non necessarie, e i luoghi di lavoro sono diventati focolai permanenti.
Molti lombardi hanno condiviso convintamente le posizioni padronali, pur sapendo di essere stati inclusi, in una lucida pianificazione ordita finanche con ineluttabilità, tra coloro che potevano sacrificarsi, nonostante appartenessero alla categoria dei lavori non indispensabili.
Molti lombardi invece hanno compreso che erano stati condannati allo svolgimento di lavori non necessari, e che il loro sacrificio era inutile, ma la consapevolezza non li ha aiutati e anzi, quando sono caduti come mosche il sentimento di rabbia è ciò che è rimasto del loro inutile sacrificio.
Il mito di Sisifo, condannato da Zeus a buttare un macigno giù da una rupe, a riportarlo in cima e a farlo rotolare di nuovo giù in una ripetitività eterna, è stata la sintesi di quanto accaduto in Lombardia dove il piacere di Zeus nel godere della condanna inflitta, si è mutuato nel godere, da parte di taluni, del profitto accumulato sui morti.
Esercitare il potere di determinare la morte di altri esseri umani è il più grande piacere capitalista, di gran lunga più esaltante del mero accumulo di denaro.
In questa logica omicida si sono inseriti i poteri vassalli, come quello delle amministrazioni territoriali che non hanno pianificato un trasporto pubblico idoneo a rallentare il contagio, e anzi i mezzi pubblici sono diventati bombe virologiche.
Pochi sono quegli imprenditori che hanno avvertito con allarmante impotenza la difficoltà di assumere decisioni che avrebbero dovuto essere prese dallo Stato, e invece sono stati lasciati in balia delle loro personali decisioni.
E’ stato chiaro per tutti che nell’assenza di un deciso intervento dello Stato e nella prospettiva predatoria di Confindustria, che ha il proprio organo esecutivo nella Giunta della Regione Lombardia, l’alternativa su come salvarsi si è consumata tra l’oroscopo o i tarocchi.
L’altro fronte della strage si è consumata con la sanità lombarda.
E’ paradossale vedere come il covid sia stato anche terreno di coltura della imbecillità di chi continua a difendere il sistema sanitario lombardo, completamente privatizzato, privato della medicina territoriale, nel quale la parola d’ordine è stata l’ospedalizzazione, anche per l’acne giovanile, perché i ricoveri giustificano un maggior rimborso di denaro dal pubblico al privato.
La sanità lombarda è in mano a due soggettività predatorie: la Lega e Comunione e Liberazione.
Non hanno capito che hanno sulla coscienza oltre 22.000 morti, semplicemente perché se sei leghista o sei nel cartello di Comunione e Liberazione, non hai una coscienza, perché l’hai barattata con un rosario e con un santino della Madonna.
Però hanno capito che potrebbero avercela con loro per tutti i soldi che hanno guadagnato sul covid, hanno fiutato che potrebbero perdere l’affare, perché nella partita ora vuole entrare il PD.
In questi giorni si stanno affrettando a mettere nero su bianco dei piani farlocchi di ristrutturazione della sanità lombarda, che lungi dal dare priorità alla salute delle persone, hanno come obiettivo quello di recidere definitivamente ogni legame con il pubblico, di stroncare ogni minima possibilità che il pubblico possa riappropriarsi della sua funzione di garantire la salute, perché se questo dovesse accadere, loro non avrebbero più quel fiume di denaro che li ha ingrassati finora come maiali nella porcilaia.
Hanno elaborato una serie di proposte tra le quali c’è quella di costituire un fondo di investimento misto, pubblico e privato, nel quale far confluire tutti i beni immobili delle Aziende sanitarie, in sintesi la svendita del patrimonio immobiliare pubblico, ovvero di tutti gli ospedali.
Non c’è che dire, nella loro irrinunciabile prospettiva predatoria temono di entrare in astinenza dal denaro pubblico, e vogliono assicurarsi un approvvigionamento definitivo di tutte le scorte esistenti, anche a rischio di andare in overdose.
Ma a questi drogati del denaro pubblico una comunità di recupero possiamo anche consigliarla, sta a Milano e si chiama San Vittore, in Via Filangeri 2.